L’euro digitale potrebbe diventare presto una realtà. Secondo gli obiettivi della BCE, a partire dal 2026 la CBDC (Central Bank Digital Currency) dovrebbe infatti diventare la moneta virtuale dell’Eurozona come equivalente elettronico dell’euro fisico in contanti da affiancare alle tradizionali monete e banconote a cui sono abituati cittadini e imprese.
Anche se la fase istruttoria condotta dalla Banca centrale europea è stata accolta con toni entusiastici, e già da questo mese sono programmate le attività preparatorie finalizzate allo sviluppo e alle sperimentazioni della nuova moneta completamente digitale dell’Unione Europea, d’altra parte l’ottica che ha sinora dominato le analisi delle istituzioni si concentra sulla comodità dei pagamenti, sull’economicità e sull’affidabilità delle transazioni, evitando però di misurarsi con alcune criticità.
Una delle perplessità risiede nel fatto che oggi il controllo dei pagamenti è intermediato da operatori privati mentre domani saranno immediatamente visibili, con una capillarità assoluta, da una banca centrale. Le preoccupazioni sono giustificate dalle “Faq” sull’euro digitale pubblicate dalla stessa Bce, dove si legge che “la completa anonimità non è considerata una opzione praticabile da una prospettiva di politica pubblica”, e che “l’euro digitale avrà lo stesso livello di privacy delle attuali soluzioni digitali del settore privato”.
Questo comporta l’identificazione dell’utente e l’esame di ogni sua transazione per verificare la sua regolarità ai fine delle normative “sul riciclaggio e il finanziamento al terrorismo”. Dall’altra parte, con l’euro digitale, non c’è la schermatura da parte di un intermediario privato, ma qualunque transazione finanziaria viene vagliata direttamente dalle istituzioni governative, con il rischio che si venga a creare un sistema di sorveglianza paneuropeo in cui tutti i cittadini sono costantemente monitorati in ogni loro acquisto effettuato con la moneta virtuale.
Affinché l’euro digitale abbia il successo sperato servono quindi standard privacy più elevati per guadagnare la fiducia dei cittadini, e per questo si sono attivati anche il Comitato europeo per la protezione dei dati (Edpb) e il Garante europeo della protezione dei dati (Edps), che lo scorso 18 ottobre hanno pubblicato un parere congiunto sulla proposta di regolamento sull’euro digitale del Parlamento europeo e del Consiglio.
L’euro digitale mira a fornire alle persone la possibilità di effettuare pagamenti elettronici, sia online che offline, in aggiunta all’uso del contante. Opzione accolta con favore da Edpb e Edps che hanno però formulato diverse raccomandazioni, per una effettiva garanzia del diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali.
Nel parere dei garanti europei viene chiesto, in particolare, che siano trattati solo i dati personali necessari al funzionamento della moneta digitale, evitando la concentrazione di dati da parte della Bce o delle banche centrali nazionali, per le quali la proposta di regolamento dovrebbe introdurre un obbligo esplicito di pseudonimizzazione dei dati delle transazioni.
Allo stesso tempo, la normativa dovrà specificare chiaramente le responsabilità in materia di protezione dei dati di ciascuno degli attori (Bce, banche centrali nazionali, fornitori di servizi di pagamento e fornitori di servizi di supporto) che partecipano all’emissione dell’euro digitale.
“Con questo parere congiunto – ha commentato il Comitato europeo – intendiamo garantire che la protezione dei dati sia incorporata sin dalla fase di progettazione dell’euro digitale, sia online che offline”.
Dato che per come è concepita adesso la valuta digitale europea consegna una miniera di dati infinita e strumenti di controllo impensabili e capillari su qualsiasi transazione, è perciò auspicabile un ripensamento che raccolga le raccomandazioni dei garanti europei per la protezione dei dati personali affinché l’euro digitale si trasformi in realtà e non rimanga solo un progetto irrealizzato.
Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy