Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio per non mandare in fumo la nostra privacy

Un’indagine dell’Università di Guelph in Canada ha rivelato che il 37,5% dei tecnici informatici che prendono in carico un computer per ripararlo sbirciano tra i files e i dati personali dei clienti, e a volte li copiano pure sui loro dispositivi esterni (12,5%), prediligendo video e foto di contenuti intimi o di natura sessuale.

Tra le persone che hanno sperimentato quanto possano essere devastanti le conseguenze causate da un tecnico che va curiosare tra i contenuti di un pc lasciato all’assistenza, ha suscitato scalpore la vicenda di Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente degli Stati Uniti, che aveva consegnato il suo laptop ad un negozio di computer del Delaware, il cui titolare aveva furbescamente approfittato dell’occasione per fare un dispetto di cattivo gusto a Biden Jr facendosi una copia di tutti i suoi file, compresi documenti con i numeri di conto sugli estratti conti bancari, i numeri di carta di credito e di previdenza sociale, nonché altre informazioni sensibili, e soprattutto 8.864 immagini, tra cui centinaia di foto imbarazzanti che ritraggono il figlio dell’uomo più potente del mondo mentre assume droghe e fa sesso con prostitute.

Finiti nelle mani sbagliate con la complicità dello stesso tecnico disonesto, tutti i files sono poi stati diffusi online e sono tutt’ora accessibili da chiunque su un sito pubblicato dall’organizzazione statunitense non profit “Marco Polo”, che si defisce come ungruppo di ricerca senza scopo di lucro che smaschera la corruzione e il ricatto“.

Per chi pensa di non avere niente da nascondere o che la privacy non sia importante, il caso di Hunter Biden dovrebbe essere sufficientemente eloquente per imporre una seria riflessione su come nell’era digitale nessuno possa pensare superficialmente di consegnare un proprio dispositivo elettronico nelle mani di chicchessia senza adottare almeno alcune precauzioni di base per proteggere i propri dati personali, magari limitandosi a sperare di avere a che fare con un tecnico di cui ci si possa fidare.

Se è pur vero che prendersi la briga di fare un backup del contenuto del device e cancellare tutto prima di darlo all’assistenza per poi fare un successivo restore alla riconsegna dell’apparecchio riparato è un’operazione faticosa che richiede molto tempo, d’altra parte ciò non è una giustificazione per non fare niente affidandosi totalmente alla buona sorte.

Un’alternativa al backup e allo svuotamento preventivo del device che possa offrire un minimo livello di sicurezza potrebbe essere quella di crearvi una directory dove salvare tutti i documenti ed i files confidenziali che sia accessibile digitando una password. Nel caso si tratti di un pc, sarebbe poi più sicuro creare inoltre una partizione nascosta dell’hard disk abilitando la crittografia attraverso lo strumento “Gestione BitLocker”, già compreso di default in tutti i computer con sistemi operativi Windows recenti, e attivabile in modo relativamente semplice nel giro di pochi minuti. Ovviamente, più i dati memorizzati sul dispositivo saranno riservati, e più che dovranno essere individuate soluzioni che offrano un maggiore livello di sicurezza.

Ma a prescindere dal tipo di protezione che si ritiene idonea per il proprio caso, quel che è certo è che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, per non rischiare di mandare in fumo la nostra privacy a causa della propria inerzia, come se quella di imbattersi in un tecnico furfante fosse una sventura che capita solo ai Vip.

di Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy – @Nicola_Bernardi