Consiglio di Stato: è legittimo l’accesso agli atti di un soggetto terzo per verificare se il Comune operi in modo discriminatorio

Con due sentenze pubblicate a distanza di un solo mese, tra ottobre e novembre 2021, il Consiglio di Stato ha riconosciuto il diritto di accesso agli atti amministrativi, anche se afferenti ad un soggetto terzo, se il richiedente dimostra di agire a tutela di un proprio interesse “diretto e concreto”.  Il diritto alla privacy può dunque essere limitato dal bilanciamento con il diritto di un terzo che chieda l’accesso agli atti della Pubblica Amministrazione.

Nella prima sentenza n. 6964/2021 del 18 ottobre 2021, il Consiglio di Stato ha riconosciuto all’Ente morale di culto Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova il diritto di visionare i documenti tributari in materia di IMU relativi ad altre confessioni religiose, detenuti dal Comune di Roma. Il Comune non aveva riconosciuto all’ente l’esenzione dall’IMU prevista per i luoghi di culto, e aveva emesso degli avvisi di liquidazione a suo carico. L’Ente, ritenendo tali avvisi ingiusti, aveva deciso di presentare un’istanza di accesso ex art. 22 L. 241/1990 per ottenere la documentazione tributaria riguardante altre confessioni religiose e accertare quale fosse il trattamento tributario loro riservato. Ciò al fine di determinare se la pubblica amministrazione avesse operato in modo arbitrario e discriminatorio in danno della Congregazione in violazione dei principi di equità, imparzialità, uguaglianza, libertà religiosa e divieto di discriminazione, sanciti dagli articoli 3, 19, 20 e 97 della Costituzione italiana.

L’Amministrazione capitolina, in sede di giudizio, nel difendere il suo operato sosteneva che l’Ente non avesse un interesse diretto e concreto all’ostensione dei documenti, e che tale accesso avrebbe inoltre veicolato un “controllo generalizzato” del suo operato in contrasto con le norme applicabili in materia.

Sul punto il TAR del Lazio si era già espresso contro il Comune, riconoscendo prevalente il diritto di accesso alla documentazione richiesta, in quanto strumentale alla tutela in giudizio degli interessi dell’Ente. Riteneva inoltre che non vi fosse alcun controllo generalizzato e, nel contempo, escludeva il diritto alla riservatezza in capo a eventuali controinteressati. A seguito dell’appello da parte di Roma Capitale, il Consiglio di Stato ha confermato in pieno la sentenza del TAR ribadendo che l’istanza di accesso è legittima in quanto non viola alcun diritto del controinteressato e, contrariamente a quanto eccepito dalla Pubblica Amministrazione, non è preordinata a un controllo generalizzato dell’azione amministrativa. L’istanza, invece, è meritevole di accoglimento in quanto diretta a escludere arbitrarie e discriminatorie richieste di pagamento della tassa unicamente ai danni dell’Ente.

A distanza di solo un mese tale principio è stato nuovamente confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 7615/2021 pubblicata il 16 novembre. La decisione ha ribadito la conclusione a cui il TAR del Lazio era già giunto con la sentenza del 19 luglio 2021 n. 8564/2021. In questo secondo caso, l’Associazione dei Testimoni di Geova di Roma Centocelle, ritenendo ingiusti gli avvisi di liquidazione emessi a suo carico dal Comune di Roma, aventi ad oggetto la TARI, aveva deciso di presentare un’istanza di accesso documentale ex art. 22 del L. 241/1990 anch’essa al fine di verificare il trattamento riservato ad altre confessioni religiose presenti nel territorio di Roma Capitale. Nel caso specifico, in sede di appello il Comune di Roma aveva inoltre eccepito che l’associazione avrebbe dovuto notificare la sua richiesta di accesso i anche a eventuali soggetti controinteressati. Avendo mancato di farlo, la richiesta dell’associazione di accedere a documenti di terzi non poteva essere accolta. Il Consiglio di Stato ha invece chiarito che spettava al Comune stesso, e non all’associazione, individuare gli eventuali soggetti controinteressati. In ogni caso anche un eventuale opposizione del controinteressato non avrebbe di certo pregiudicato il diritto dell’Associazione all’accesso della documentazione indicata in atti in quanto le esigenze difensive prevalgono sul diritto alla riservatezza.

Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy – @Nicola_Bernardi