Nella nostra era digitale la tecnologia si sta rivelando sempre più un’arma a doppio taglio che può causare dolorose ferite, ma che allo stesso tempo può essere invece fonte di grandi soddisfazioni per le nuove generazioni.
Da una parte, come evidenzia una recente indagine di Demospika, circa 1,1 milioni di under 35 anni, pari al 10,1% della popolazione giovanile complessiva residente in Italia, sono a rischio elevato di sviluppare dipendenza dai social network.
Da alcuni anni dilagano inoltre fenomeni che, attraverso le tecnologie, minacciano il benessere di coloro che vivono quello che dovrebbe essere il periodo più bello della loro vita, e che invece devono confrontarsi con forti disagi causati da cyberbullismo, revenge porn, hate speech, assurde challenge social, subdoli condizionamenti delle opinioni, fake news, profilazioni online e pubblicità mirate spesso ingannevoli.
Non stupisce quindi che sorgano iniziative come quella di Vivek Murthy, direttore dell’Ufficio di Salute pubblica americano, che recentemente ha chiesto al Congresso USA di introdurre una legge che obblighi i social network ad esporre un’etichetta per avvertire, in particolar modo gli adolescenti e i loro genitori, sugli effetti dannosi che possono causare, proprio come già avviene sui pacchetti di sigarette per indicare che il loro uso nuoce gravemente alla salute.
L’orizzonte non è però tutto fosco, perché è proprio l’innovazione tecnologica, specialmente con l’espansione dell’intelligenza artificiale, che sta offrendo straordinarie opportunità per i giovani che ambiscono a un lavoro gratificante.
Infatti, spesso lo sviluppo di progetti tecnologici innovativi implica il trattamento di ingenti quantità di dati personali, da cui scaturisce una crescente domanda da parte delle aziende di professionisti della privacy e della data protection capaci di gestire efficientemente i dati e prevenire le violazioni.
Ad esempio, le complesse normative che regolano l’utilizzo dei dati attraverso sistemi tecnologici richiedono migliaia di professionisti specializzati nelle materie digitali, come Data Protection Officer, Chief Information Security Officer, consulenti e data manager.
Oltre alle specifiche figure specifiche, la conoscenza delle regole e dei principi fondamentali della privacy sta diventando una competenza trasversale che sarà sempre più richiesta ad ogni futuro professionista dei più diversi contesti a prescindere dal settore merceologico, in cui il trattamento dei dati personali è oramai parte integrante di numerosi processi produttivi.
Basti pensare che, secondo il Future of Jobs report 2023 del World Economic Forum, nei settori maggiormente interessati dalla gestione dei dati, le professioni che afferiscono alla privacy, alla data protection e ai big data in generale vedranno un incremento del 30-35% entro il 2027.
Perciò, una delle sfide che si presenta ai giovani è quella di non farsi sopraffare dalla tecnologia subendone passivamente gli effetti negativi che possono derivare da un uso scorretto, ma piuttosto comprendere come essa può essere l’arma vincente per affermarsi nel mondo del lavoro.
Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy